GIORNI NONVIOLENTI 2009

 
 

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  RETROCOPERTINA COPERTINA
 

Ogni volta che affidiamo al tipografo queste 432 pagine progettate e riempite – una per una – con amore, sensibilità, partecipazione, ci torna in mente l’immagine della bottiglia nella quale il naufrago introduce il suo messaggio e l’affida alle onde del mare.
Ostinatamente continuiamo ad offrire messaggi e a spargere semi, proprio perché ci rendiamo conto di vivere in tempi di naufragio. Naufraghi sì, ma senza abbassare la testa di fronte a nessun prepotente, convinti come Etty Hillesum che «dalla vita si può ricavare qualcosa di positivo in tutte le circostanze, ma si ha il diritto di affermarlo solo se perso-nalmente non si sfugge alle circostanze peggiori».
Dobbiamo aiutarci – noi e chiunque prende in mano questo libro/agenda – a non sfuggire mai alle circostanze peggiori della vita, ma ad affrontarle a viso aperto, con la certezza che prima o poi arriverà l’aurora a rallegrare e illuminare le nostre impaurite esistenze.
Anche durante i giorni di questo 2009.

 

UN “CUORE PENSANTE”
PER LA BARACCA MONDO


Stiamo vivendo tempi in cui la durezza dei cuori umani pare voglia prendere il sopravvento sulla condivisione, sulla tolleranza, sulla convivialità, sulla tenerezza...
È per questo che, come compagna di viaggio lungo tutto il 2009 abbiamo scelto ETTY HILLESUM, la ragazza ebrea che a 29 anni è stata inghiottita dal vortice disumano di Auschwitz. A proposito di “durezza”, è da lei che abbiamo imparato la differenza fra “temprato” e “indurito”. «Credo – scriveva – di diventare ogni giorno più temprata, ma indurita non lo sarò mai».
Nel suo Diario racconta che «di notte, mentre ero coricata nella mia cuccetta, circondata da donne e ragazze che russavano piano, o sognavano ad alta voce, o piangevano silenziosamente, o si giravano e rigiravano – donne e ragazze che dicevano così spesso durante il giorno: “Non vogliamo pensare”, “non vogliamo sentire, altrimenti diventiamo pazze” – a volte provavo un’infinita tenerezza, me ne stavo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti gli avvenimenti, le fin troppe impressioni di un giorno fin troppo lungo, e pensavo: “Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca”. Ora voglio esserlo un’altra volta. Vorrei essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento».
Nella felicissima espressione di “cuore pensante” è riassunta l’esigenza dell’umanità, in ogni momento della sua storia. Abbiamo bisogno di persone che sappiano unire la spinta di una bontà volenterosa all’analisi intelligente della realtà, un amore senza confini dettato dal cuore a una salda formazione e conoscenza dei problemi.
«In un campo – diceva ancora Etty – deve pur esserci un poeta, che da poeta viva quella vita e la sappia cantare». Dal finestrino del treno che la trasportava ad Auschwitz, Etty Hillesum gettò una cartolina che fu raccolta e spedita dai contadini: «Abbiamo lasciato il campo cantando». Solo un “cuore pensante” poteva riuscire a dare un tocco di sollievo attraverso il canto a un gruppo di persone angosciate e coscienti di andare incontro allo sterminio.
Non è incoscienza. È la vittoria su ogni malvagità e violenza.

 

Ogni grammo di odio contribuisce a rendere irrespirabile l’atmosfera del pianeta.
Etty Hillesum

Ancora oggi la figura di ETTY HILLESUM è sicuramente più conosciuta, ma non ancora come meriterebbe. Eppure il suo è un esempio alto, testimoniato con la sua personale esperienza e non solo con le parole del diario e delle lettere. Oggi che siamo alle prese con manifestazioni continue e sempre più violente di odio, di fondamentalismi di ogni genere, Etty diventa paradossalmente sempre più attuale.
Voglio sottolineare soltanto i punti essenziali sui quali dovremmo continuare a riflettere e ad approfondire: il forte richiamo al senso di responsabilità individuale fatto in una situazione estrema; il suo incessante testimoniare, il non odiare a favore dell’indignazione; e soprattutto l’invito tragico e pressante di Etty a non proiettare e a guardarsi dentro perché il male che condanniamo fuori è innanzitutto dentro di noi.
Etty ce lo dice mentre è perseguitata, poi rinchiusa in un campo dal quale sarà mandata ad Auschwitz. Ce lo dice in modo semplice, chiaro, efficace; ma quanti di noi ancora oggi riescono ad accettare e soprattutto a vivere il suo messaggio?
L’ultimo punto che vorrei segnalare con forza è la sua spiritualità: libera, profonda, essenziale, fondata sulla preghiera e sulla responsabilità individuale; intitolai un capitolo del mio libro su di lei “aiutare Dio” perché Etty così risponde in modo rivoluzio-nario al problema del male: siamo noi responsabili e Dio poi ci chiederà conto del male che noi esseri umani facciamo sulla terra!

Nadia Neri,
autrice del libro Un'estrema compassione, Bruno Mondadori, Milano 1999

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