ATTI DI VITA INTERIORE

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Antonino Drago

Atti di vita interiore

Edizioni Qualevita, pp. 208, euro 13,00

 

INDICE

Introduzione

Capitolo I:    La pratica

1. La pratica della preghiera

io, Dio, pio
Il richiamo di Sé
La nascita dell'uomo interiore, ovvero le Beatitudini con la mente ecologica
Tra il sì, il no e il no no
Le Beatitudini come compimento del nostro sforzo antimondano
Le Beatitudini come prassi della liberazione nonviolenta
Oh Tu, l’Al di là di tutto
O Dio di Verità
O Dio
Credo in Te
Un "Padre Nostro" da Figli di Dio
La preghiera (Lanza del Vasto)

2. La pratica della preghiera trinitaria
Sia gloria
L’eterno amore
Sulla preghiera (Lanza del Vasto)
Un mantra dell’Arca
Fede, nonviolenza, pace
Padre nostro, che dentro i conflitti ci sei
La preghiera semplice
Un "Padre Nostro" da Figli di Dio Trinitario
Le Beatitudini come interazione con lo Spirito Santo
Le Beatitudini come preghiera in nome di Gandhi
Gloria a Te Immateriale

3. La pratica corporale e comunitaria
Yoga e difesa nonviolenta
Il digiuno
Il canto (Lanza del Vasto)

 

Capitolo II :
4. La meditazione nonviolenta dei Testi Sacri
1. Premessa
2. L'interpretazione del Peccato Originale
3. L'interpretazione di Apocalisse 13
4. Questi Testi dovevano chiarirsi nel nostro tempo
5. I Libri Sacri come racconti storici
6. La dimensione storica collettiva del Peccato Originale
7. I Libri Sacri come racconti sociali
8. Apocalisse 13 come racconto valido per qualsiasi civiltà
9. La morte di Cristo come massimo rinnovamento del Peccato Originale
10. Un racconto sulla lotta tra Bene e Male valido per tutti i tempi?
11. La soluzione del Vangelo: la salvezza per tutti i tempi!
12. Il buon ordinamento spirituale dei Libri Sacri
13. Il buon ordinamento storico dei Libri Sacri
14. La salvezza del Vangelo: Gesù porta a compimento la Legge
15. La scoperta della dimensione sociale del nostro Dio
16. La fratellanza resa universale
17. la scoperta moderna della nonviolenza
18. La possibilità storica della conversione sociale, e quindi totale
19. La storia della conversione collettiva: il Marxismo
20. La storia della conversione collettiva: gli Ordini religiosi
Note e bibliografia

4. La storia umana
Le tre età (Gioacchino da Fiore)
L'amore si è fatto storia sociale
La comunità dell'Arca
Occidente
A Natale 1981 il nostro messia collettivo è morto...e nel 1989 è risorto
C’era una volta un papa
Il lascito di Lanza del Vasto
Il terzo millennio


INTRODUZIONE

Leggendo i libri di Tolstoj e di Dostoievskij ci si può formare alla nonviolenza attraverso i sentimenti più nobili ed elevati.
Dopo di loro, la nonviolenza di Gandhi ha ricevuto il suo fondamento nella moralità, ma una moralità rinnovata, perché dilatata da una coscienza universale, capace di capire tutte le conseguenze, soprattutto quelle sociali, delle proprie azioni. Quindi, rispetto alla vecchia morale casuistica, una moralità del tutto nuova, basata sulle scelte globali di vita e proiettata a cambiare anche l'organizzazione sociale con tutte le sue enormi istituzioni di potere.
Per Gandhi anche le religioni sono in funzione della morale; cioè hanno valore tra noi solo se insegnano a vivere e ad agire per il bene della gente. In questo senso la nonviolenza come l'ha intesa Gandhi è la premessa di ogni religione e, nello stesso tempo, essa è a comune con tutte le religioni.
Ma tutto questo non offre un pensiero sistematico. Lo si nota quando si legge qualche scritto di Gandhi, tratto dai cento e passa volumi di scritti vari che egli ci ha lasciato.
E' stato Lanza del Vasto, cattolico, suo discepolo per qualche tempo in India, che ha elevato la nonviolenza dalla moralità universale gandhiana a coscienza universale degli insegnamenti di tutte le grandi religioni. Con la sua interpretazione del Peccato Originale, egli ha illuminato un nodo cruciale di tutte le religioni che hanno incluso una riflessione sul rapporto uomo - Dio - natura e quindi sull'esistenza del Male nel creato. Con Lanza del Vasto la nonviolenza sa cogliere la base di tipo universale rispetto a tutte le religioni o teologie; e con ciò per Lanza del Vasto la nonviolenza non è una religione, ma è alla base di tutte le religioni, tanto che può anche non richiamarsi ad una religione particolare; ma richiede un rinnovamento a tutte le religioni.
Raggiunto questa importante chiarificazione, ci si può rivolgere, secondo l'aureo insegnamento di Gandhi, ad approfondire soprattutto la propria religiosità, sia per quel che noi arriviamo a capire di essa, sia per quello che riusciamo a praticarla nel lavoro su noi stessi.
E' proprio ciò che intende proporre questo libretto. Esso riflette l'esperienza vissuta da qualcuno che è rimasto affascinato dall'insegnamento di Lanza del Vasto (da lui riassunto nel libretto Lezioni di Vita, LEF, Firenze, 1967) e che si è sforzato di vivere secondo la nonviolenza. Dalla pratica del lavoro interiore per vivere al meglio le preghiere suggerite dal nonviolento Lanza del Vasto è venuto fuori un nuovo tipo di preghiera a Dio, una preghiera come autocoscienza, una preghiera come rapporto interpersonale, una preghiera come progettazione di vita comunitaria; e dalla pratica del suo insegnamento è venuta fuori una meditazione sintetica e profonda dei Testi Sacri.
Questo è avvenuto in tempi nei quali questa concezione della vita era sì conosciuta (a differenza dei decenni precedenti), ma veniva derisa o svalutata dalle sicurezze occidentali tradizionali (e anche dalle sicurezze dei gruppi alternativi, da quelli cattolici avanzati a quelli dei protestanti impegnati a quelli politici di sinistra); anche perché allora era difficile per i nonviolenti esprimere le novità con pensieri adeguati alla mentalità occidentale di quei tempi. Questo tipo di lavoro su di sè e di preghiera sono stati alimento e sostegno per quei tempi che erano duri, a causa del misconoscimento delle vere speranze per uan società nuova.
Poi il 1989 ha reso giustizia a tutto questo. Il movimento dei popoli, sconvolgendo i rapporti di forza nel mondo, ha fatto capire a tutti la potenza della nonviolenza.
Ma a tutto ciò non ha corrisposto la rivoluzione nell'ambito interiore. La gente è ignara della storia, non sa bene quel che gli è successo, né sa valutare se nell'età nucleare la nonviolenza dei popoli sarà un fatto veramente duraturo. Il nuovo è ormai nato, ma il vecchio resiste nei suoi privilegi, disponendosi anche alla strage degli innocenti, pur di non rinnovarsi.
E' evidente che da secoli la gente ha perso la luce interiore. Non ha nemmeno il senso della sua storia collettiva. Oggi non sa nemmeno riconoscere con sicurezza la vita nuova. Questo è il segno preciso che quella che doveva essere la luce interiore della vita personale, la fede (che si alimenta con la pratica religiosa e con il lavoro interiore), si è oscurata (e allora "grandi sono le tenebre", ci dice il Vangelo).

Questo libretto vuole offrire un contributo per riscoprire quella luce interiore che è nascosta nella nostra religiosità tradizionale.
Infatti per compiere bene quel lavoro interiore che può ridarci la luce, il primo ostacolo da affrontare è quello di riuscire a dare senso compiuto alle parole che diciamo di solito; e che invece di solito diciamo sciattamente, perchè lo facciamo per solo adeguarci alla nostra tradizione che le suggerisce così, con uno spirito gregario che va oltre le raccomandazioni di tutte le autorità della tradizione stessa. Oggi diciamo anche frasi senza senso, senza aver mai deciso se diciamo dei ban (quelle parole che gridano gli scouts, i quali vogliono esprimere uno spirito di gruppo, al di là di ogni significato verbale o intellettuale), o dei mantra (frasi la cui semplice ripetizione evoca un nostro stato d'animo, come ad esempio il rosario detto dalle vecchine), o delle biascicature da bambino confusionario (fidando che Chi ci capirebbe comunque; quindi non vale la pena di sforzarsi di precisare, fa tutto Lui), o delle parole che ci danno forza d'animo (non proprio parolacce o bestemmie, e nemmeno fumate di sigarette o bevute di caffé, ma comunque qualcosa di consumo personale). Quello che ci manca è un insieme di parole che abbiano senso personale e comunitario nello stesso tempo, che colgono la realtà interiore ed esteriore, che uniscono l'interno e l'esterno. Sono parole di questo tipo che colgono l'attimo fuggente, o fissano gli eventi, o richiamano tutti alla stessa realtà, o costruiscono un comune sentire, o infine abbracciano tutto il creato fino a Colui che lo ha creato. Nelle preghiere le parole di questo tipo sono le uniche che possono essere all'altezza della situazione di chi vuole parlare addirittura con Dio stesso; cioé Colui che ha creato la persona che prega, e che in più lo sa riconoscere nel profondo, comprese le sue ambiguità e sotterfugi; e che vorrebbe da lui un riscontro positivo, all'altezza del meglio che questi può fare; e non la sciatteria, l'abbandono malaticcio, lo sguardo obliquo di sfuggita, il retropensiero, la finta umiliazione, e tutte le bassezze alle quali può giungere l'animo umano. Si tratta allora di dire parole che siano un impegno nello stesso tempo con noi stessi, con quelli ai quali le indirizziamo e con gli altri che le ascoltano.
E con ciò esprimere una vita interiore da adulti, che sanno quello che fanno senza dipendere da un prete o da un guru per sapere come rivogersi a se stesso; e perciò mettendoci sapienza, oltre che equilibrio ed amore.
Il lettore perdonerà se, per lo sforzo di esprimere idee nuove, lo stile è forse rozzo e la lettura che potrebbe essere scorrevole invece può richiedere meditazione. Il suo lavorio di lettura dovrebbe risultare premiato da quello che proviene da una esperienza di trent'anni: il vedere che nuovi passi possono essere fatti nel vero nuovo mondo, quel mondo interiore che sa comprendere e cambiare quello esteriore (comunque esso sia colossale, potente e distruttivo). 
Dedico questo mio lavoro ai componenti della Comunità dell’Arca di Monte S. Elia (TA), con i quali ho concepito ed iniziato ad elaborare una maniera nuova di vivere la preghiera e la vita interiore, nella luce del sole meridionale e nel rapporto con la natura vivificato dal canto e dalle danze popolari.

(A. D.)

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